Danno biologico nella morte immediata
dott. Paride Bertozzi, Difensore Civico del Comune
di Cesena
I
Premessa -
Inquadramento della fattispecie
Da alcuni decenni a questa
parte, con la locuzione danno
biologico, si и soliti identificare ogni lesione
all'integritа psicofisica arrecata alla persona, in sй e per sй
considerata, cioи prescidendo da qualunque conseguenza che al
danneggiato ne possa derivare sul piano patrimoniale, poichй in
tale prospettiva viene in considerazione esclusivamente il
valore UOMO, quale centro di imputazione di una congerie di
interessi di natura morale, culturale, sociale, sessuale,
relazionale, parentale.
A tal proposito, con la nota
sentenza n. 184 del 14 luglio 1986 la Corte Costituzionale,
richiamandosi ad una terminologia ampiamente utilizzata dai
penalisti, ha avuto occasione di precisare che il danno
biologico, cosм definito, costituisce un danno-evento, va
considerato come primario ed immancabile e deve essere risarcito
in ogni caso, mentre il danno patrimoniale e quello non
patrimoniale vanno qualificati come danni-conseguenza e sono
meramente eventuali.
Per ragioni che possiamo
definire storiche, perchй legate all'evoluzione dottrinale e
giurisprudenziale del concetto di danno alla salute - che com'и
noto trova fondamento nella clausola generale dell'art. 2043
Cod. Civ. interpretata secondo la norma precettiva dell'art. 32
Cost., - evoluzione il cui snodarsi и stato a volte
caratterizzato anche dallo stravolgimento dei piщ elementari
canoni giuridici, nel nostro ordinamento non ha ancora
pienamente trovato una giusta collocazione teorica e pratica il
problema della definizione e della quantificazione del
cosiddetto danno
biologico da uccisione, da intendersi come il pregiudizio,
da risarcire in favore dei superstiti, derivante a questi ultimi
dalla perdita complessiva costituita dalla presenza e dal
godimento della persona cara.
Al contrario, evidentemente
anche per effetto degli ingentissimi interessi economici in
gioco, a cominciare da quelli delle compagnie assicuratrici,
ancora oggi il danno biologico viene circoscritto e risarcito, nei casi di morte
cosiddetta immediata, soltanto
negli angusti limiti di quello direttamente sofferto dai
superstiti del defunto, i quali sono peraltro costretti a
dimostrarlo col rigore del rito civile e quindi non notevoli
difficoltа di accertamento e parametrazione, anche se il piщ
recente orientamento giurisprudenziale, approdato anche alla
Suprema Corte e da questa integralmente recepito, riconosce ai
parenti delle vittime di lesioni personali il diritto al
risarcimento dei cosiddetti danni riflessi, che sono quelli connessi alla perdita (peraltro solo
parziale) dei contenuti e dei diritti connessi agli status parentali di coniuge, genitore, figlio, fratello (Cfr. Cass.
17 settembre 1996 n. 8305, in Archivio
giuridico della circolazione stradale, 1997, 27; cfm. Cass.
23 aprile 1998 n. 4186, in Gazzetta
Giuridica, 1998, 24, 38).
A tale ultimo riguardo si
osserva come non sia ben chiaro sulla base di quali principi,
una volta giustamente ammessa e riconosciuta la risarcibilitа
dei danni riflessi in favore dei parenti di vittime di lesioni
personali, anche gravi o gravissime, non si trovi poi il
coraggio di compiere il passo ulteriore, decisivo e finale,
mediante l'attribuzione dell’indiscriminato diritto al ristoro
dei medesimi danni allorquando, a seguito della morte della
persona cara, il pregiudizio raggiunga il suo massimo livello,
venendo a coincidere integralmente, vale a dire nella misura del
100%, con lo stesso danno biologico.
II
Orientamento restrittivo
Sin dalla pronuncia n. 3475
del 22 dicembre 1925, resa dalla Suprema Corte a Sezioni Unite,
i giudici di legittimitа hanno avuto occasione di precisare che
se и alla lesione che si rapportano i danni, questi entrano e
possono logicamente entrare nel patrimonio del lesionato solo in
quanto e fin quando il medesimo sia in vita.
Corollario di un orientamento
cosм formalista и quello secondo cui, qualora l'illecito
provochi la morte istantanea della vittima - non avendo potuto
questa subire un danno biologico, evidentemente identificato
negli angusti limiti della lesione del diritto alla salute e
dunque senza aluna considerazione del ben piщ ampio e
meritevole di tutela diritto alla vita - ai parenti del defunto
non compete, nй jure
hereditario, nй tanto meno jure
proprio, il risarcimento del danno sofferto per la perdita
del congiunto, che semmai resterebbe assorbito e ricompreso
integralmente nel cosiddetto danno morale (c.d. pretium doloris), notoriamente spettante jure proprio ai superstiti.
Siffatta interpretazione
restrittiva и stata seguita anche di recente, peraltro sulla
base di argomentazioni inaccettabili,
dai giudici milanesi (cfr. Trib. Milano, 7 aprile 1988,
in Diritto e pratica delle
assicurazioni, 1988, 516) i quali hanno rilevato da un lato
che il danno biologico, poichй costituisce lesione di un
diritto personalissimo, non puт essere risarcito ad un soggetto
diverso dal suo titolare e, dall'altro, che nel caso di morte
istantanea il risarcimento per tale evento non puт entrare a
far parte del patrimonio della persona lesa, per essere poi
trasmesso agli eredi, considerato che il fatto lesivo coincide
con la perdita della capacitа giuridica da parte della vittima.
Del resto tale orientamento,
da ultimo fatto proprio anche dalla sentenza n. 6838 del 20
dicembre 1988 della Suprema Corte di Cassazione, parte dal
presupposto, errato come si dirа, che il diritto al
risarcimento del danno biologico, avendo natura personalissima e
non patrimoniale, ben lungi dal poter essere trasmesso agli
eredi, si estingua con la morte del suo titolare.
III
La teoria compromissoria. Critica
In posizione intermedia si
colloca quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui il
danno biologico da uccisione puт essere risarcito a condizione
che tra il momento in cui si verifica il fatto illecito e la
morte che ne costituisce la conseguenza, intercorra un
apprezzabile intervallo di tempo, durante il quale la vittima
abbia avuto la percezione della propria (piщ o meno prossima)
dipartita ovvero sia sopravvissuta per qualche tempo anche in
stato di incoscienza, maturando cosм un diritto al risarcimento
del danno che, in quanto entrato a far parte del suo patrimonio,
sia stato poi trasmesso agli eredi.
A tal proposito va rilevato
che una siffatta tesi, pur costituendo un decisivo passo in
avanti rispetto a quella restrittiva che, come detto, partendo
dal presupposto della natura personalissima e non patrimoniale
del diritto al risarcimento del danno negava in radice la stessa
possibilitа di far valere jure hereditatis la relativa pretesa, si basa ancora su principi
prevalentemente formalistici, poichй considera risarcibile il
solo danno alla salute e non anche la ben piщ grave ipotesi
della lesione del diritto alla vita.
In questa prospettiva, pertanto, si и ritenuto che nel caso
in cui da un fatto illecito sia derivata dapprima una
menomazione dell'integritа psico-fisica e, dopo una fase
intermedia di malattia, la morte del soggetto leso, gli eredi di
quest'ultimo possano far valere jure hereditatis il diritto al risarcimento del danno biologico
sopportato dal medesimo soggetto leso nel periodo che va dal
momento della lesione a quello della morte (Cfr. Cass., Sez. III,
27 dicembre 1994, n. 11169, in Foro
It., 1995, 1852).
Inoltre la Suprema Corte ha
anche precisato che nell'ipotesi in cui da un reato di lesioni
personali sia derivata dapprima una lesione e, dopo un
apprezzabile lasso di tempo, la morte del soggetto leso, il
diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, ipotizzabile
anche nel caso di sofferenze fisiche e morali sopportate in
stato di incoscienza, и trasmissibile agli eredi che possono,
pertanto, farlo valere giudizialmente in tale qualitа, non
rilevando sul piano civilistico la non punibilitа del reato di
lesioni, in quanto rimasto assorbito nel reato progressivo di
omicidio (in termini, Cass., Sez. III, 6 ottobre 1994, n. 8177, ivi;
cfm. Cass. 29 novembre 1999 n. 13336; Cass. 14 febbraio 2000 n.
1633).
Va da sй che uno dei limiti
piщ evidenti della tesi compromissoria и costituito dalla
assoluta arbitrarietа di ogni decisione che pretendesse di
individuare, in maniera oggettiva, il lasso di tempo minimo di
sopravvivenza al fatto lesivo necessario per configurare la
nascita in capo alla vittima di un diritto al risarcimento da
trasmettere ai propri eredi.
Prova ne и che, anche
recentissimamente, la Corte di legittimitа ha riconosciuto ai
familiari di un diciottenne calabrese, deceduto a distanza di
poche ore dall'incidente stradale di cui era rimasto vittima, il
diritto al risarcimento dei danni da sofferenza psichica patiti
dalla vittima nelle poche ore di vita intercorse tra il sinistro
e la morte, rilevando come, agli effetti della quantificazione
del danno, non fosse decisiva tanto la durata dell'intervallo di
tempo, quanto piuttosto l'intensitа della sofferenza, vissuta
con la piena consapevolezza della propria imminente fine (cfr.
Cass., Sez. III, 02/04/2001 n. 4783).
Con tale pronuncia la Suprema
Corte, pur aderendo alla tesi compromissoria, rileva che le
lesioni mortali, secondo l'esperienza medico legale e
psichiatrica, conducono alla presenza di un danno
"catastrofico" a carico della psiche del soggetto che
attende lucidamente l'estinzione della propria vita (danno
classificato, per la sua intensitа, fra quelli di sesto
livello, che и il piщ elevato), essenzialmente qualificabile
come sofferenza esistenziale e non come dolore.
La valutazione dello spatium
vivendi intercorso tra la lesione mortale e l'evento morte
incide tanto in ordine all'esistenza (an)
che alla consistenza (quantum)
del danno e, se tale valutazione и positiva, nessun ostacolo
sussiste al riconoscimento della trasmissibilitа del danno
biologico jure hereditatis
(cfr. Cass. 25 febbraio 2000 n. 2123).
Peraltro la teoria
compromissoria, pur meritevole di un certo plauso se non altro
per avere cercato di offrire una soluzione ad un problema sempre
piщ emergente nella coscienza civile oltre che giuridica, non
puт essere condivisa poichй - a parte l'inaccettabile
implicazione secondo cui tanto dal punto di vista del
danneggiante che da quello del suo assicuratore, sotto il
profilo dei costi rispettivamente individuali e sociali, sarebbe
preferibile che la vittima morisse istantaneamente ovvero senza
un apprezzabile intervallo di tempo dalla lesione - aderendo a
detta tesi si dovrebbe concludere che il danno biologico,
concepito sin dall'origine come pregiudizio primario sempre
presente e sempre risarcibile in ipotesi di lesioni alla
persona, verrebbe fatalmente a mancare proprio nell'ipotesi di
lesione mortale, cioи della sua massima manifestazione mediante
la menomazione, anzi la soppressione totale del "valore
uomo".
IV
IL DANNO BIOLOGICO NELLA MORTE IMMEDIATA
A partire dagli anni '80 nella
giurisprudenza piщ sensibile, sia di merito che di legittimitа,
ha iniziato a farsi strada un diverso orientamento, secondo cui
il danno biologico sarebbe risarcibile anche in relazione
all'ipotesi che il danneggiato muoia in conseguenza della
lesione subita, sul duplice presupposto che il danno alla salute
sussiste tanto nel caso di semplice menomazione o lesione,
quanto nel caso di sua totale soppressione ovvero di morte
dell'individuo, con la precisazione che, in tale seconda
ipotesi, il relativo diritto al risarcimento del danno subito
dal danneggiato, deceduto in seguito alle lesioni riportate,
essendo sorto in capo al de
cuius и trasmissibile agli eredi e da questi esigibile jure hereditario, e non jure
proprio (cfr. Trib. Napoli, 26 ottobre 1989, in Rep. Foro It., 1990, che non distingue tra immediatezza o meno della
morte in fattispecie di violento scontro frontale).
Peraltro giа Trib. Roma, 24
maggio 1988 n. 6767 (in Foro
It., 1989, I, 892, con nota adesiva di F. Parente), sembra
porre una distinzione tra diritto alla salute, in quanto tale di
natura personalissima e quindi intrasmissibile, e danno
biologico sorto a seguito della sua menomazione, con conseguente
configurabilitа di una pretesa risarcitoria di natura
pecuniaria, del tutto autonoma dal diritto alla salute e alla
vita, avente natura patrimoniale e, come tale, trasmissibile mortis
causa.
In altri termini, secondo
questa piщ recente teoria, il diritto al risarcimento del danno
biologico, lo ribadiamo di natura patrimoniale e quindi
trasmissibile, nascerebbe ogniqualvolta venisse leso il valore
della vita, con conseguente diminuzione dell'aspettativa di
durata della vita del soggetto leso, che fa parte del patrimonio
di quest'ultimo sin dalla nascita.
In questa prospettiva, il
fondamento normativo del diritto al risarcimento del danno
biologico, de jure condito, andrebbe identificato nell'ingiustizia del danno
stesso, insita nel fatto illecito lesivo dell'integritа
bio-psichica del soggetto, ovvero, come da altri sostenuto, nel
nesso di causalitа che collega il fatto illecito, da cui sorge
un diritto al risarcimento del danno futuro, e l'evento lesivo
dell'integritа psicofisica della vittima.
Ricondotto nel giusto alveo il
tema che ci occupa, si deve oggi ritenere che il danno biologico
- inteso come lesione dolosa o colposa del diritto soggettivo di
ogni persona all'incolumitа del bene primario della salute
fisica e dell'integritа psico-fisica del valore uomo in tutta
la sua concreta dimensione, che non si esaurisce nella sola
attitudine a produrre ricchezza ma и esso stesso ricchezza
nella misura in cui comprende le funzioni naturali del soggetto
nell'ambiente in cui la sua vita si svolge e si esplica - ha
rilevanza non solo economica, ma anche e soprattutto biologica,
genetica (patrimonio costituito dal DNA, dalle cellule staminali),
sociale, culturale, sessuale, estetica.
Del resto, se si afferma, come
fa la nota sentenza n. 184 del 14 luglio 1986 della Corte
Costituzionale, che la lesione dell'integritа psico-fisica si
colloca all'interno della struttura dell'illecito, si deve
coerentemente riconoscere che la struttura dell'illecito (fatto
- elemento psicologico - evento collegato al fatto dal nesso di
causalitа) и esattamente la stessa tanto in ipotesi di lesioni
con esiti invalidanti permanenti, piщ o meno gravi, quanto in
ipotesi di lesioni con esito mortale, piщ o meno immediato.
Pertanto non puт condividersi
l'ulteriore pronuncia della stessa Corte Costituzionale (27
ottobre 1994 n. 372), che con sentenza interpretativa di
rigetto, peraltro affrontando la questione solo in via
incidentale, ha negato la risarcibilitа del danno biologico da
morte immediata: se infatti le lesioni costituiscono un
antecedente logico-causale dell'evento morte, sembra legittimo
ritenere che si possa formare in capo al de
cuius, prima della perdita da parte di quest'ultimo della
capacitа giuridica quale conseguenza del decesso, un diritto al
risarcimento del danno da lesione integrale del bene salute
(ovvero del diritto alla vita) come tale trasmissibile jure
hereditario (cfr. Trib. Napoli, 16 gennaio 1995, in Responsabilitа
civile e previdenza, 1995, 616; cfm. Trib. Massa Carrara, 4
febbraio 1994, in Archivio
giuridico della circolazione e dei sinistri, 1994, 514; App.
Roma, 4 giugno 1992, in Responsabilitа civile e previdenza, 1992, 597; Trib. Napoli, 15
aprile 1991; Trib. Milano, 2 luglio 1990 n. 4347; Trib. Massa,
20 gennaio 1990 n. 22, in Responsabilitа
civile e previdenza, 1990, 613).
Infatti, posta ed accettata
l'equazione lesione personale = danno primario, immancabile e
sempre risarcibile, non и possibile ammettere al risarcimento
la lesione semplicemente menomante e non ammettere, invece, la
risacibilitа della lesione mortale, che и la piщ grave tra
tutte, poichй in tal caso il danno biologico verrebbe liquidato
per la semplice riduzione del diritto alla salute e non anche
per la sua totale soppressione, che si realizza con l'uccisione.
Ciт senza considerare la
funzione squisitamente sanzionatoria del risarcimento del danno
alla salute, evidenziata dalla giurisprudenza di merito (Cfr.
Trib. Firenze, 18 novembre 1991, in Archivio
giuridico della circolazione stradale, 1992, 39), che rende
ancor piщ inconcepibile e contradditoria, se ve ne fosse stato
bisogno, la tesi restrittiva, che nega il diritto al
risarcimento nel caso di morte della vittima.
A conforto della fondatezza di
tale tesi ci sia consentito evidenziare una situazione
paradossale e prevedibilmente non infrequente, che denota vieppiщ
l'assurditа delle tesi qui avversate; i parenti di una persona
che a seguito delle lesioni riportate si trovasse in stato di
coma irreversibile avrebbero tutto l'interesse a manenerla
artificialmente in vita (ammesso che di vita si tratti) sino al
passaggio in giudicato della sentenza di condanna al
risarcimento dei danni a carico di chi debba rispondere
dell'illecito, per farle acquistare in tal modo il relativo
diritto trasmissibile, salvo decidere il giorno dopo il distacco
della spina.
E' di tutta evidenza, quindi,
che al fine di evitare risultati cosм iniqui ed inaccettabili,
sul piano logico-giuridico prima ancora che economico, non resta
che riconoscere che la lesione mortale rappresenta un danno
biologico maggiore di qualsiasi lesione semplicemente menomante,
come il piщ contiene il meno, e che pertanto esige un
risarcimento piщ elevato di quello astrattamente liquidabile
per una qualsivoglia lesione permanente che lasci pur sempre in
vita il danneggiato, anche se in uno stato puramente vegetativo.
In realtа, come giа
evidenziato, le preoccupazioni di natura esegetica e sistematica
espresse dalla dottrina e dalla giurisprudenza ancorate
all'orientamento restrittivo sono agevolmente superabili, solo
che si acceda alla tesi che giustamente ha distinto tra diritto
leso, di natura senz'altro personalissima e come tale
intrasmissibile, e relativo diritto al risarcimento del danno,
che ha natura patrimoniale e, pertanto, и trasmissibile.
Peraltro tale ricostruzione
ermeneutica и stata recepita e fatta propria anche dal
Tribunale di Civitavecchia con sentenza n. 76 del 26 febbraio
1996 (in Rivista giuridica
della circolazione e dei trasporti, 1996, 958), che nella
fattispecie sottoposta al suo esame ha riconosciuto in capo agli
eredi della vittima di un incidente stradale, deceduta a
distanza di poche ore dal sinistro, la legittimazione ad agire
per ottenere jure
hereditario il risarcimento del danno biologico patito dal
dante causa.
Secondo tale decisione
sostenere che al diritto alla salute resta estraneo quello alla
vita, sul falso presupposto che il primo presupporrebbe
l'esistenza del soggetto leso, costituisce affermazione quanto
meno artificiosa, al pari di quella che riconosce il diritto al
risarcimento del danno solo nell'ipotesi in cui la morte non
sopravvenga immediatamente ma dopo un apprezzabile lasso di
tempo, quasi che tale diritto dipenda dalla soggettiva
resistenza del soggetto leso.
E’ vero invece che che fra l’evento lesivo e la morte, e
ciт anche nel’ipotesi di “morte istantanea”, esiste
sempre uno iato logico e temporale, questo anche di pochi
secondi o frazioni di secondo, che consente l’acquisto del
diritto al risarcimento del danno in capo alla vittima e quindi
la sua trasmissione agli eredi; e d’altra parte, se non fosse
cosм, verrebbe a mancare il nesso causale tra la lesione e la
morte, che presuppone la successione temporale e non certamente
la contemporaneitа tra i due eventi.
In altre parole, la morte non
si puт reputare un evento assolutamente istantaneo, essendo
invece il risultato finale di un'azione traumatica lesiva e del
conseguente processo morboso, sia pure talora in rapida
evoluzione, di organi vitali, processo che necessariamente,
anche se per pochi attimi, precede la morte stessa.
Orbene, ancor prima che si
verifichi la totale cessazione della residua minima attivitа di
interscambio elettrico tra le cellule cerebrali - momento che
sul piano giuridico si identifica convenzionalmente con la morte
- il danno all'integritа psicofisica si и giа prodotto, nella
misura del 100%, tanto che si и giа trasformato nel suo
equivalente pecuniario, come tale trasmissibile agli eredi.
Per concludere su tale punto,
il danno biologico sta nella lesione che, quando causa la morte,
la precede sempre; il diritto al risarcimento sorge nel momento
della lesione, si cristallizza nel patrimonio della vittima e si
trasmette ai suoi eredi per effetto della morte, evento da
considerarsi senz'altro successivo.
V
Criteri di quantificazione del danno
Inquadrata nei
termini di cui sopra la tematica del danno conseguente
alla morte immediata, non resta che occuparsi dei criteri da
adottare per la sua quantificazione.
A tal riguardo ci pare equa la
proposta formulata dal Tribunale di Roma con la citata sentenza
24 maggio 1988, nel senso che valgono gli stessi metodi seguiti
per la liquidazione del danno biologico in generale, mediante il
calcolo tabellare sul triplo della pensione sociale ai sensi
dell'art. 4 del Decreto Legge 23/12/1976 n° 857, convertito in
Legge 26/02/1977 n° 39, conteggiando il risarcimento al 100%,
nonchй mediante il calcolo a punto, conteggiando il danno
totale per 100 punti.
Peraltro anche il Tribunale di
Civitavecchia, con la sentenza n. 76 del 26 febbraio 1996, sopra
richiamata, ha adottato il criterio del "calcolo a punto di
invaliditа" elaborato dalla giurisprudenza del Tribunale
di Pisa con riferimento ad indici di valori medi desunti
attraverso la tipizzazione delle menomazioni, avuto altresм
riguardo all'etа e al sesso della vittima, giungendo cosм a
liquidare in via equitativa agli eredi di un ventunenne la somma
di Ј. 440.000.000, pari a Ј. 4.400.000 a punto calcolata sul
100% di invaliditа.
In alternativa a detti
criteri, и auspicabile per non dire indispensabile che la
Suprema Corte, in attesa che sul punto si esprima il
Legislatore, stabilisca i limiti minimi assoluti dei valori
annui del godimento dei singoli status
parentali che, come proposto da autorevole dottrina, potrebbero
corrispondere a Ј. 15.000.000 per il coniuge, Ј. 8.000.000 per
il genitore, Ј. 8.000.000 per il figlio e Ј. 2.000.000 per il
fratello.
L’applicazione a detti
valori del principio di capitalizzazione delle rendite vitalizie
condurrebbe ad una equa valutazione dei singoli status,
sia perchй correlata in modo preciso al numero degli anni
futuri di privazione del godimento del congiunto, sia perchй
esprimente risarcimenti finali complessivi piщ giusti ed
adeguati ai casi concreti in quanto tradotti in liquidazioni piщ
elevate nei casi di morte di figli giovani per i genitori,
ovvero dei genitori per i figli minori, vale a dire nelle
ipotesi in cui il danno derivante dalla perdita del godimento
quotidiano del congiunto si rivela piщ consistente e lacerante
(cosiddetto principio edonistico).
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