"La necessità di parlare, l'imbarazzo di non aver nulla da dire e la brama di mostrarsi persone di spirito, sono tre cose capaci di rendere ridicolo l'uomo più grande".
Trovai questa frase, trascritta da mio fratello Andrea, in quei giorni terribili: un ritratto perfetto della sua personalità.
Era nato nel 1975, avrebbe compiuto 20 anni il 1° dicembre. Studiava chimica industriale all'Università di Padova, ne era soddisfatto. Attivo nella vita parrocchiale, seguiva e animava i giochi dei bambini. Era uno sportivo, tra i suoi hobbies anche la musica: suonava con un gruppo di amici, tra questi quello che guidava l'auto in quella folle corsa.
Cosa devo scrivere di te, Andrea? Mi hai lasciato in eredità anche questo insegnamento: sii semplice e franco, il tuo dire sia si o no, niente frange inutili; ma tu sai ora quanto tutto sia difficile e complesso, e come sia difficile scriverne.
Sono passati piu di 4 anni ma il tuo ricordo è ben vivo in noi. Può sembrare stupido ma ci spiace non possedere una foto che Ti renda giustizia; del resto, avremmo mai scattato delle foto pensando potessero servire a questo?
Il 24 giugno 95, alle sette di sera, passò a prenderlo il suo migliore amico per andare a una festa di compleanno. L'incidente avvenne a meno di 2 chilometri da casa, l'auto uscì di strada urtando dalla parte di Andrea, la cintura di sicurezza non bastò a salvarlo. Non conosciamo meglio la dinamica dei fatti, né volemmo conoscerla.
Rimase in coma per tre giorni, il 5 giugno ci informarono della possibilità di donare i suoi organi, demmo il nostro consenso.
Il giovane alla guida, uscito pressoché indenne dall'incidente, sostiene di non ricordare nulla: l'amicizia che lo legò ad Andrea ci impedisce di serbargli rancore.
Il processo si chiuse dopo "solo" due anni; del tutto impreparati a ciò, accettammo un risarcimento risibile, di poco superiore ai 200 milioni, soldi che comunque non avremmo usato per noi.
Oggi sappiamo che in qualunque modo si reagisca a una "esperienza" del genere, resterà sempre il segno di una insanabile lacerazione; come ogni frattura, però, queste tragedie segnano insieme una fine e un inizio: gli innocenti non possono morire inutilmente e a noi famigliari non resta solo il compito di piangerli ma anche quello di testimoniare per loro.
Leonardo Carraro *
* responsabile dell' AIFVS per la provincia di Venezia
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